Tre grandi sculture dell’artista Rabarama dal 2007 campeggiano tra le magnolie del chilometro più bello d’Italia, nei pressi di Villa Genoese Zerbi. Un’attrazione imperdibile per chi arriva a Reggio Calabria e vuole avere un ricordo della sua permanenza.
Rabarama l’artista che indaga l’Io
Era il 5 agosto del 2007 e nei locali di Villa Genoese Zerbi si inaugurava la “Mostra antologica Rabarama. Identità”. Romana di nascita, Paola Epifani, in arte Rabarama, vive e lavora a Padova. Artista molto amata e apprezzata nel panorama artistico nazionale e internazionale, realizza sculture antropomorfe di grande impatto visivo. Poliedrica, esprime la sua creatività attraverso opere realizzate in diverse grandezze e materiali che, raccontano l’universo umano, fatto di incastri, puzzle, involucri e che, racchiudono i soggetti nel loro mondo intimo e inesplorabile.
La pelle diventa “prigione dell’anima“ e al tempo stesso, unico modo per proteggersi ed entrare in contatto con il mondo. Quel mondo in cui l’uomo per sopravvivere intraprende continue metamorfosi e che, lo porta a utilizzare linguaggi sempre nuovi per relazionarsi con gli altri. Ogni segno, simbolo per Rabarama rappresenta un concetto che muta, una metafora. La visualizzazione di un genoma e la complessità dell’Io.
Le opere di Rabarama sul Lungomare Falcomatà
Nel 2007 in occasione della mostra personale furono acquistate dall’Amministrazione comunale tre statue che sono tuttora collocate lungo il percorso del lungomare Italo Falcomatà. Tre statue di grandi dimensioni realizzate tra il 2000 e il 2002. Sculture che sono diventate uno dei biglietti da visita della città. Sono i soggetti preferiti dai turisti per scattare un selfie o una foto di gruppo tra le braccia di queste figure affascinanti realizzate dall’artista. Le opere hanno un titolo evocativo e sintetizzano l’arte di Rabarama.
C’è Trans-lettera che è in bronzo bianco e nero. La pelle come un reticolo di lettere, pronte a comporre parole. E che al tempo stesso è la negazione della parola. L’opera esprime una comunicazione interrotta, frammentaria, all’interno di un’interazione complessa, fragile. Forse non voluta. La figura infatti, è accovacciata, riversa su se stessa, vorrebbe ritornare nel suo guscio, nella sua essenza, evitare quel dialogo che è potente ma al tempo stesso problematico.
Trans-lettera, Labirintite e Co-stell-azione
Labirintite è sempre in bronzo; bianca con un labirinto verde addosso. Tante linee spezzate che percorrono il suo corpo abbandonato e rilassato. Il titolo è un richiamo al disturbo uditivo che provoca vertigini ma anche, alla forma del cervello umano, alle tante anse che lo compongono. Quindi è una perfetta metafora della complessità della vita e dei pensieri, che provocano disequilibri e instabilità. E che si concretizza con lo sguardo assorto e obliquo che ci osserva perplesso.
Infine c’è Co-stell-azione realizzata in alluminio dipinto bianco e bordeaux. Un involucro di stelle a pentacolo avvolgono questa figura che è seduta in una posizione che ricorda una postura yoga. Gli occhi semichiusi, rivolta verso il mare. Medita, con il favore delle stelle. Si affida al cielo, agli astri, alla loro influenza vera o presunta sulle nostre azioni e le nostre vite. Opere queste, affascinanti, che non sono solo belle ma, che racchiudono significati profondi.
(In copertina l’immagine di Co-stell-azione)